L'idea de "Le appese" nasce dalla lettura del racconto di un suicidio non riuscito, narrato in prima persona da Fuani Marino nel suo romanzo "Svegliami a mezzanotte" edito da Einaudi nel 2019.
Da lì la prima spinta a chiederci: qual è la forza che ti fa fare quella cosa lì, quella cosa che fa ancora paura nominare?
"Le Appese" è un salto nel buio, metaforicamente un vero salto nel buio. Nel buio dei nostri pensieri, nel buio delle anime di chi quei pensieri li ha fatti prima di noi. Nel buio, perché ancora non sappiamo dove atterreremo. Saltare, nella speranza di fare luce in mezzo a tutto quel buio.
Lo spazio del racconto è una casa, disabitata forse da molto tempo, ma ancora troppo piena di immagini, ricordi e storie. Lo spazio dei giochi infantili, degli esperimenti stupidi, delle prove per diventare grandi. Un salto più in là per vedere cosa saremo, cosa faremo. Storie di salti, metaforici e reali. Storie di persone famose, biografie di sconosciuti. Persone che hanno avuto in comune l’attrazione per il vuoto e che hanno seguito la tentazione di sparire. Sul balcone di un condominio o chissà dove, si incontrano "Le Appese": due donne che si affacciano alla propria vita come ci si affaccia a un un balcone pieno di panni stesi e si guarda giù la molletta che cade.
In questo luogo di confine le incontra anche il pubblico, mentre le due protagoniste stanno in bilico sui fili tesi, con le loro vestaglie che oscillano, sulla soglia dell'esistenza.
«Lasciatemi così. Ho fatto tutto il giro e ho capito. Il mondo si legge all'incontrario. Tutto è chiaro». ( Italo Calvino, da Il Castello dei Destini Incrociati. La storia dell'Orlando pazzo per amore - La carta dell'Appeso)